Nella seconda Fase, tra il 1337 e il 1602, avvengono guerre continue e sanguinose su tutto il territorio. I BUSHI diventano la struttura portante di eserciti sempre più numerosi, composti da soldati senza tradizione schermistica ed estranei alla cultura bellica, i quali dovevano essere addestrati al combattimento. S’inizia quindi a sentire la necessità di scuole di scherma, che diffondano i valori della cultura “samuraica”. Nasce così la figura del “maestro” e si sviluppano così forti legami di Scuola, insieme al senso del DO-JO (il luogo della pratica) e alla considerazione dello ZEN (meditazione buddista).
Quest’ultima componente educa al distacco dalle cose tutti quegli allievi che, non avendo alle spalle alcuna tradizione schermistica e culturale, dovranno poi affrontare la battaglia. Qualche scuola punta molto su quet’ultimo concetto, innescando così l’esperienza dell’uso della spada come formazione del carattere trascendente. E’ l’alba del Kendo.
Terza fase, le guerre hanno termine nel 1603.
eserciti scompaiono ma la classe dei samurai resta enormemente dilatata nel numero, nei poteri, nel prestigio, nelle funzioni. Nei cento anni che seguono, il loro codice d’onore compie una grossa evoluzione qualitativa (Bushido moderno), così anche le scuole di scherma. Il paese chiude le frontiere e rinasce pacificamente ancora più tradizionale e raffinatamente autoctono.
Il secondo periodo lo consideriamo decorrente dal 1700 perchè è allora che nasce il Kendo che ancora oggi si pratica, e lo chiudiamo nel 1877, anno della battaglia di Satsuma, nella quale s’infrange il sogno di potere dei samurai.
In questo periodo storico nelle scuole di scherma si cominciano a fare esperimenti d’addestramento inediti e ad ideare protezioni al corpo, fino a realizzare una nuova arma incruenta: lo SHINAI.
Lo SHINAI è composto da stecche di bambù assemblate da guaine di pelle e da una cordicella. Permette un combattimento così dinamico da sembrare esplosivo, non reca danni all’avversario, e consente al corpo di essere protetto solo da un’armatura leggera.
Verso il 1760 comunque la pratica del kendo era abbastanza diffusa in tutto il Giappone; è in questo secolo che si pervenne anche ad una certa omologazione di sistemi ortodossi d’addestramento, con accordi selettivi tra le numerose scuole e tra centinaia di modi di combattere.
Il Kendo restò largo appannaggio della casta dei samurai, essi poterono continuare ad addestrarsi al combattimento in quel lungo periodo di pace.
Perciò quando la restaurazione imperiale (1868) e nuove forme di governo misero fuori gioco la casta, anche le scuole di scherma cessarono di essere frequentate. La crisi raggiunge il punto peggiore nel 1876 a causa della legge che proibiva definitivamente il porto della spada, e nel 1877 in seguito al soffocamento dell’ultima rivolta dei samurai.
Inizia così il terzo periodo di relazione tra la spada e la storia del Giappone, relazione apparentemente inesistente, dato il cambiamento in atto nel paese e nel mondo.
Cessata dunque la ragione d’esistenza delle scuole, i samurai e i maestri più appassionati escogitano diversi espedienti per destare l’attenzione della gente. Organizzano dimostrazioni, ma ottennero solo lo scopo di sollecitare la curiosità della popolazione che potè conoscere alcuni aspetti della vita della vecchia casta che prima erano segreti. Purtroppo questo non basta. I samurai che non accettano la nuova realtà si sentono emarginati in una società nella quale non si riconoscono, e non riescono ad inserirsi. Altri invece cavalcando il vento del rinnovamento, si calano nella nuova realtà fino a diventare protagonisti della nuova era di rinnovamento, e addirittura, nell’arco di due o tre decenni, riescono a coprire ruoli chiave nella polizia, nel nuovo esercito, nella marina, nella scuola e sopratutto nell’industria. Furono loro, i nuovi Samurai, a sostenere l’attività dei maestri più fedeli. Fino a quando, ai primi del secolo, il Kendo fu proposto nelle scuole (primarie, medie e università), praticato nei distretti di polizia, nelle aziende private, negli uffici pubblici e nelle forze armate.
Perchè? Sicuramente non certo per una questione sportiva. Allora il fenomeno sportivo non esisteva in Giappone. Era la volontà di coltivare i valori della tradizione e della religiosità insita nella “via della spada”, l’esigenza di conservare una propria identità culturale a fronte di modelli economici d’importazione estranei ai propri valori.
La necessità di formare nei Giapponesi un carattere che superasse le comuni tendenze egocentriche, e si orientesse verso una coscienza collettiva, di gruppo, d’insieme permeando il tutto con i fattori meditativi dello ZEN.
Lo scopo del Kendoka è di addestrare la propria “anima” attraverso la disciplina e le regole del combattimento, non di usare le regole del combattimento e il mezzo della spada come strumento che sopprime l’avversario. Purtroppo questi princìpi sono stati travisati durante il periodo bellico-nazionalista, così come, subito dopo la guerra, si preferì dare al Kendo una coloritura agonistica
per ottenere il consenso delle autorità di occupazione Americane. Paradossalmente è stata questa nuova veste che ha determinato anche l’espansione del Kendo in una ventina di nazioni al di fuori del Giappone.
Resta il fatto che, il Kendo Giapponese, ancor oggi pesca nell’antica tradizione anche quanto si presenta come disciplina sportiva